Una primavera sfiorita?
IL POPOLO DI DIO, LA COLLEGIALITÀ, LA LIBERTÀ RELIGIOSA
con Luigi Sandri, giornalista – 20 novembre 2012
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Luigi Sandri, giornalista, attualmente vaticanista del quotidiano «Trentino» di Trento e della rivista «Confronti», autore di vari libri è stato il relatore che martedì 20 novembre 2012 ha affrontato il tema «Una primavera sfiorita?» nell’ambito delle riflessioni sui cinquant’anni dal Concilio Vaticano II. Ha contestualizzato ed esaminato la “Lumen Gentium”, Costituzione dogmatica sulla Chiesa.

Fino ad allora la Chiesa era vista nell’ottica del Concilio di Trento: una società perfetta e gerarchica che aveva tutto in sé, tutto quanto era necessario per dare ogni risposta religiosa ai suoi fedeli. Questa società perfetta era molto clericale e dava poco risalto ai fedeli, era la traduzione concreta dell’interpretazione del concilio tridentino, a volte molto più severa di quello che diceva il Concilio di Trento stesso. Basti pensare che al popolo non erano dati in visione le Scritture, che il latino era la lingua della Chiesa, una lingua che portava ad una uniformità, la Bibbia era sottratta al popolo e questo anche per opposizione a Lutero. Questo ha fatto sì che regnasse l’ignoranza fra la gente pur con le dovute eccezioni.
Dal Concilio di Trento al Concilio Vaticano II un’epoca di luci e di ombre
Pio X diceva “c’è chi comanda, c’è chi obbedisce”: aveva un’idea della gente come di un gregge che deve obbedire alla Chiesa cattolica romana. Ci furono eccezioni: i gesuiti fecero un approfondimento biblico. Ci furono anche dei ripensamenti storici, dei movimenti ecumenici e, quando papa Giovanni annuncia il concilio, questo evento cade in un deserto che già fioriva, che aveva già preparato l’humus nel quale affondarono le radici del concilio. Dal 1563, fine del Concilio di Trento, si deve aspettare il 1869 quando Pio IX indisse il Concilio Vaticano I, che emanò solo due costituzioni: “Dei filius” e “Pastor aeternus”, quest’ultima sull’infallibilità papale; da tener presente però che alla vigilia delle votazioni 55 vescovi abbandonarono Roma perché non in accordo con il Papa.
Nella “Pastor aeternus” si dice che il romano pontefice per questioni di fede è infallibile di per se stesso e non per il consenso della Chiesa. Questo faceva pensare che i concili fossero inutili; per questo molti rimasero stupiti quando Giovanni XXIII indisse il concilio. Per i dibattiti la curia preparò degli schemi, ma la discussione in aula cambiò. Ci fu una rivoluzione: prima si decise di discutere del popolo di Dio. In questo modo si scardinava il tridentino e questo cambio di prospettiva ha avuto infinite conseguenze sul piano teologico e liturgico.
La Chiesa è stata definita “popolo di Dio”, un popolo fatto di volti, di sorrisi, di tragedie, che cammina nello Stato, non è astratto, anonimo… è un popolo di misericordia perché Dio è misericordioso, un popolo che cerca giustizia perché Dio è giusto, un popolo che cerca santità perché Dio è santo, un popolo che condivide perché Cristo condivide. Pio XII aveva detto che la Chiesa è una, santa, cattolica; la Chiesa e la Chiesa romana sono la stessa cosa. Il Concilio Vaticano II dice che “subsiste”: è una porta aperta a riconoscere l’ecclesialità; utilizzando il verbo “subsiste” si vuole sottolineare che non è l’unica. Il concilio capovolge tutto: il vivere concreto della Chiesa cattolica romana è una comunione che mette fuori uso la scatola della società perfetta. Questa Chiesa è fatta di santi, di peccatori, questa Chiesa diventa molto umana.
Nascono alcune questioni, non ancora definite
La prima riguarda la democrazia. Come facciamo a cercare la volontà di Dio? Tema ancora molto vivo….
La seconda questione riguarda la collegialità. Chi sono i vescovi? Paolo VI nel settembre del 1965 istituisce il “Sinodo dei Vescovi” con ruolo consultivo impedendo di fatto la collegialità prevista dalla Lumen Gentium. Perché? Forse perché chi ha il potere non è disposto a lasciarlo…
La terza questione riguarda la libertà religiosa. Il documento “Dignitatis humanae” fu il più discusso. La Chiesa ha sbagliato su punti determinanti [basti pensare a tutte le guerre in nome di Dio!]; il Vaticano II ha posto dei princìpi, ma non è andato fino in fondo, non ha osato fare il mea culpa forse perché non sapeva come salvare il magistero…
Il Concilio Vaticano II ha aperto un cammino, ma va portato avanti.
Nostro compito: far dire al Concilio quello che ha detto in modo incipiente e riprenderci in mano l’input per continuare nel cambiamento, seguendo il Vangelo.